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In Dubious Battle - Il coraggio degli ultimi

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato03 settembre 2016Voto: 6.0
 

  • Foto dal film In Dubious Battle - Il coraggio degli ultimi
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James Franco torna in veste di regista con la pellicola “In Dubious Battle”, incentrata sul tentativo di alcuni componenti del Partito Comunista di convincere i lavoratori agricoli, che si occupano di raccogliere le mele nella California della Grande Depressione negli Anni Trenta, a scioperare in modo da far valere i propri diritti attraverso la lotta di classe. Nel film si fa largo la misteriosa figura di Mac, che dimostra come sia i proprietari terrieri sia gli attivisti politici sfruttino i poveri lavoratori per raggiungere i propri scopi. L’obiettivo è quello di evitare che nel tempo vi siano altre persone costrette a soffrire poiché sfruttate come loro.
Trasposizione dell’omonimo romanzo dello scrittore americano John Steinbeck e presentato Fuori concorso alla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, la pellicola vede come protagonista della storia un cast d’eccezione, composto da Bryan Cranston, Robert Duvall, Vincent D'Onofrio, Danny McBride, Ed Harris, Selena Gomez e lo stesso regista.

Dopo il recente “The Sound and the Fury”, James Franco è tornato a dirigere una pellicola tratta da un’opera letteraria: si tratta de “La battaglia” di Steinbeck. Il film, la cui sceneggiatura è stata scritta da Matt Rager, denota una certa maturazione dietro la macchina da presa di Franco, che qui riesce a dare il meglio di sé come interprete e un po’ meno nei panni di regista. Non mancano, infatti, errori, imprecisioni e scelte stilistiche discutibili, ma nel complesso è il suo lavoro più riuscito degli ultimi anni e magari in futuro ci regalerà qualcosa di ancora meglio.
Il regista, molto legato al film in quanto narra della terra in cui è nato e cresciuto, non è riuscito a far emergere la forza espressiva dei suoi personaggi, elemento che avrebbe permesso al grande pubblico di essere maggiormente coinvolto dal punto di vista emotivo. Un vero peccato, perché il soggetto meritava chance soprattutto per la sua originalità, ma Franco non è stato in grado di dargliela: nonostante il carattere politico presente nel progetto (l’aspetto più interessante introdotto dall’attore), la pellicola non eccelle nella scenografia, che è estremamente semplice e ridotta ai minimi termini, e nei costumi indossati dai personaggi, dando così la sensazione che il periodo non sia effettivamente quello degli Anni Trenta.
Inoltre, i protagonisti della pellicola non vengono descritti come meriterebbero. Non si conosce molto di loro, perché manca la volontà di approfondire le loro storie per dare più spazio al contesto generale, quello della lotta sociale operaia contro lo sfruttamento dei grandi proprietari terrieri, anche se neanche questo gli è riuscito molto bene.

In "In Dubious Battle" sono presenti anche alcuni problemi legati alla sceneggiatura in quanto i dialoghi di Rager sono di una banalità unica e non convincono chi ascolta. Non solo: sembra che l’autore abbia voluto allungare il brodo inserendo nella trama degli eventi che paiono non aver alcuna ragione di esistere nel progetto, come se servissero da riempimento.
Il risultato finale? Un minestrone di idee male esposte, il cui pubblico di riferimento non è ancora chiaro. Infatti, tra gli attori coinvolti troviamo veterani del grande cinema e della buona televisione (Franco, Cranston), ma anche la star delle teenagers Selena Gomez la quale - vicino a dei mostri come Ed Harris, Robert Duvall e Vincent D’Onofrio, risulta fuori luogo. Quello che dispiace è aver visto apparire Bryan Cranston, celebre per il ruolo del protagonista in “Breaking Bad”, in una sola scena. Avrebbe meritato una parte più ampia, o meglio sarebbe bastato dare lo stesso spazio a ogni figura presente per rendere il film più godibile.
E’ giusto dire che si tratta di un progetto corale, in cui a risaltare più degli altri è il personaggio di Mac, che Franco impersona egregiamente con quella freddezza che caratterizza da sempre la sua recitazione.

E’ consigliato a un pubblico adulto in quanto per un bambino sarebbe difficile da seguire per via della lentezza (a tratti soporifera) e dell’argomento centrale della storia, incomprensibile ai loro occhi poiché ancora piccoli per conoscerlo.


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