Inside man
In quella che sembra una cella, un trasandato Clive Owen ci anticipa la visione del tentativo di rapina appena effettuato in una nota banca di a Wall Street e, citando l'Amleto di Shakespeare (qui parafrasato), afferma che fu sul "come" che nacque l'intoppo.
Ad interferire col suo piano criminale infatti, due personaggi non proprio qualsiasi: i poliziotti Denzel Washington e Willem Dafoe, più la mediatrice d'affari Jodie Foster (ingaggiata dal proprietario della banca Cristopher Plummer). Gli interessi in gioco non sono solo pecuniari, ci sono importanti segreti che rischiano di essere svelati.

Spike Lee dopo il mezzo flop (più di pubblico che di critica) di "Lei mi odia" ritorna sul grande schermo con un lavoro apparentemente più convenzionale e adatto al grande pubblico. Insider man è un bel thriller che strizza l'occhio ai polizieschi degli anni 70 (nel film stesso si fa riferimento a due capolavori di Lumet "Serpico" e "Un pomeriggio di un giorno da cani").La storia si sviluppa con continui colpi di scena, alternando il montaggio serrato per le scene d'azione a lunghi piani sequenza per tutto ciò che accade lontano dalla banca. Ma Lee non si limita a sfruttare il thrilling del soggetto di Russell Gewirtz e, come è nella sua vocazione, fa della storia una parabola per mostrarci le collusioni tra bene e male, dove nulla è come sembra e per scegliere di "fare la cosa giusta" si parte da presupposti affatto chiari. A livello spaziale Lee traduce questi concetti nella divisione tra i due ambienti principali della scena (l'interno della banca per i "cattivi", e la parte antistante l'agenzia per i "buoni") per poi mischiare le carte in tavola, quel che gli interessa è l'illusione...
Non manca il solito humour salace (purtroppo il doppiaggio lo limita molto), le frecciatine sull'identità degli afroamericani rivolte agli stessi (il bambino nero amante di 50 Cent che alla PlayStation si identifica con un delinquente) e le panoramiche di NewYork (con tanto di bis della scena della panchina di "La 25° ora"). Spike Lee ha costruito la sua carriera artistica su questi temi, non poteva nascondersi più di tanto.
Ottimo il cast: Denzel Washington (era dai tempi di "He got game" che non lavorava col regista newyorkese, la prima fu "Mo' better blues" nel 1990, poi altri tre film), sempre illuminante il volto di Jodie Foster ed ulteriore conferma per il talento di Clive Owen, l'altro anno ingiustamente ignorato agli Oscar per la sua interpretazione in "Closer".

La frase: "Meglio invecchiare da intellettuale che crepare da benpensante".

Andrea D'Addio

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