Landscape No. 2
La sezione Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia 2008 riabbraccia e inaugura, a distanza di 5 anni (nel 2004 presentò Suburb), Vinko Möderndorfer, uno dei più importanti e prolifici artisti – registi sloveni.
Questa volta, però, il suo Landscape No.2 (in originale Pokrajina Št. 2), convince per metà, cercando di voler essere credibile, costruendo una trama – patchwork, ma mescolando malamente immagini d’archivio alla fiction e giocando sul doppio registro horror – erotico.
L’idea di partenza (il film è tratto dal libro omonimo di Möderndorfer) è apprezzabile, anche perché la pellicola, inizialmente, segue una sua logicità, in un percorso per niente complesso.
Sullo sfondo uno dei temi dominanti, potrebbe essere riassunto nel "passato che non passa mai", quello per intenderci delle fosse comuni nella ex-Jugoslavia, nelle quali furono gettati, a migliaia, i collaborazionisti trucidati senza regolare processo, alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Ma i richiami alle coscienze, ai crimini di guerra, alle manipolazioni politiche, sono troppo flebili, e anzi, si perdono in un racconto unidirezionale, che ha i contorni della caccia all’uomo.
Fortissima infatti la somiglianza (solo quella) con "Non è un paese per vecchi" dei Fratelli Coen, in particolare nel caso del killer sanguinario, ingaggiato su commissione, (un ex ufficiale in pensione) a caccia, in questo caso, di un ignaro ladruncolo perditempo, venuto in possesso di un documento compromettente.
Il film purtroppo non funziona, e a tratti sfiora la farsa, perché non affronta, in maniera incisiva, un argomento, che poteva risultare interessante e importante, soprattutto se affrontato da un regista sloveno.
Difficile parlare positivamente anche del cast che non coinvolge ed emoziona assolutamente, e che anzi risulta essere addirittura buffo.
La violenza, alternata alle molte scene di nudo e di sesso gratuito (inutili in certi casi), fanno emergere una superficialità da parte del regista di non volersi addentrare in un argomento, certamente scomodo, ma che avrebbe sicuramente alzato il livello narrativo.
Poco importa, se alla fine, il messaggio che passa, e che si riesce a rintracciare, è quello rivolto alle nuove generazioni, incolpevoli, e per questo immuni dal portare una simbolica croce sulle spalle, di una storia passata, che nessuno, oggi, è riuscito ancora totalmente a scordare.
Ne risulta, purtroppo, un "pulpettone", facile invece da dimenticare.

La frase: "Lavoro è soldi".

Andrea Giordano

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