Loving Glances - Occhi che brillano
Film in concorso alla 60° Mostra del Cinema di Venezia, "Loving Glances" del regista serbo Srdjan Karanovic è una metafora agrodolce del complesso e contraddittorio mondo dei Balcani. Ne rispecchia, illustrandocene, tutte le caratteristiche. Un miscuglio di etnie e religioni, di credi diversi, di diverse usanze tutti accomunati dall'appartenenza ad una terra che questi popoli amano sopra ogni cosa. E questo amore sconfinato, assoluto e pericoloso, traspare nella storia un po' fantastica che si racconta in questo film. Una trama abitata dai fantasmi del passato, ombre delle persone care perse a causa delle guerre che hanno devastato quei luoghi. Ombre che sembrano tormentare tutti i superstiti, una sorta di popolo di profughi che tenta faticosamente di tornare alla normalità Ma quello di Karanovic, anche sceneggiatore, non è un film triste.
Il regista serbo affronta i mali endemici della sua terra con un sorriso da sognatore. Lo stesso sorriso che alberga negli occhi di Labud (Senad Alihodzic) profugo a Belgrado proveniente dalla Bosnia. Labud cerca la sua fidanzata scomparsa dopo la guerra. Durante la sua ricerca incontra invece Romana (Ivana Bolanca) una ragazza di diversa etnia e religione. I due si innamorano ma le loro differenti provenienze costituiscono un ostacolo per il loro rapporto. A complicare la loro storia vi sono poi una serie di personaggi, parenti e amici scomparsi durante la guerra, che cercheranno in tutti i modi di farli separare, le ombre del passato, per l'appunto.
Un film d'amore post-bellico, potremmo definirlo, che Karanovic realizza con uno stile semplice di sapore televisivo. Una maniera piana di raccontare ma venata da un'ironia, anzi autoironia, tipica degli artisti della sua terra. Sempre in bilico tra la realtà ed il sogno, il film è caratterizzato da personaggi grotteschi e singolari, anche questi cari alla cinematografia dell'ex Jugoslavia. Lo script, forse, risulta a tratti un po' ingenuo ed eccessivamente favolistico, sensazione accentuata da una fotografia dai colori brillanti e netti, e per certi versi risente di una certa approssimazione. nonostante ciò, l'opera rimane comunque un discreto lavoro.
Per usare una definizione pre-confezionata: un film dal surrealismo poetico con un gusto balcanico.

Daniele Sesti

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