And the spring comes
Per una volta il cinema cinese rinuncia ad analizzare le repentine e violente mutazioni di carattere economico e sociale che investono la vita del paese e tornano al passato recente, ad un punto di transizione poco considerato. Siamo negli anni '80, nel periodo tra la fine della rivoluzione culturale e l'inizio delle proteste studentesche che porteranno alla repressione di piazza Tien-An-Men, e alcuni giovani di talento hanno ancora spazio nei loro cuori per l'espressione artistica. Non viene però mostrato il legame con la musica tradizionale o con le forme d'arte tipiche dell'estremo oriente, bensì la fascinazione per la cultura occidentale. Così vediamo un pittore affascinato dal fauvismo, un ballerino appassionato di danza classica e soprattutto una cantante amante dell'opera lirica che sogna Parigi e le grandi scene internazionali.

Nonostante le premesse elegiache "And the spring comes" è un film molto ruvido sulla perdita dei sogni e dell'innocenza. L'arte non nobilita come sarebbe lecito attendersi, ma anzi rende più cinici, più arrivisti e più disposti a mentire e ad approfittarsi degli altri per raggiungere i propri sogni di gloria. Dimostrazione del fatto che l'ambizione dei privi di scrupolo e di morale non è un monopolio dell'universo televisivo di adesso (come erroneamente siamo indotti spesso a credere), ma è sempre stato presente in ogni epoca e in ogni latitudine. Così il momento più tragico e strappalacrime, legato a una malattia tremenda che non lascia scampo si trasforma rapidamente in farsa crudele e spietata, bandendo ogni lacrimevole senso di compassione umana.

La protagonista Wang Cailin è in definitiva una specie di brutto anatroccolo che spera di riscattarsi con il dono divino del canto, sogno fatuo, perché sognare l'occidente può solo portare alla fuga, alla follia, alla prigione. Tragica la figura del ballerino, che per ristabilire la propria virilità messa in dubbio si trascina tristemente sulla strada dello stupro, per poi constatare che le calzature dei prigionieri sono identiche alle sue prime scarpette da ballo. L'unica nota di speranza non può essere che il passaggio di testimone alle generazioni successive, in attesa di tempi più propizi e tolleranti.

La frase: "So di essere brutta, ma ho il canto e questo mi rende speciale".

Mauro Corso

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