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The Cutoff Man











Letteralmente, il titolo internazionale di "Menatek Ha-Maim", primo lungometraggio diretto dall’israeliano Idan Hubel, proveniente dall’universo degli short, significa "L’uomo che stacca l’acqua".
Con le fattezze di un ottimo Moshe Igvy, infatti, è proprio lui che seguiamo nel corso dei circa settantasei minuti di visione, impegnato come un giustiziere a tagliare l’acqua a coloro che non pagano, senza avere scelta, intrufolandosi nel territorio circostante alle loro abitazioni, dove si trovano i contatori.
Quindi, la vicenda di un individuo con famiglia da mantenere costretto a vivere sulle difficoltà di persone povere quanto lui e che guadagna in base al numero di tagli che effettua, in quanto, in alternativa, avrebbe soltanto la disoccupazione; mentre osa di continuare a sognare per trovare una via d’uscita.
Perché, come lo stesso regista spiega: "Il film, allo scopo di esporre il meccanismo oppressivo in cui i protagonisti si trovano a operare, vuole essere un ritratto delle diverse parti che tengono in piedi questi sogni, insieme alle ‘manette’ che impediscono loro di realizzarsi".
Sogni che includono anche quelli del figlio di Gaby, che vorrebbe diventare calciatore, ma per il quale si prospetta l’esercito; mentre il padre subisce umiliazioni, porte chiuse in faccia in maniera brusca e insulti dai proprietari delle case cui fa visita, pur senza perdere mai l’indispensabile senso di umanità all’interno dei rapporti con loro e la speranza di poter prima o poi trovare una via d’uscita.
Speranza piuttosto vana, se consideriamo che i territori e luoghi d’azione del protagonista altro non rientrano che nella provincia dell’Israele, dove, appunto, le persone possono sognare senza neppure accorgersi di avere le mani completamente legate.
Territori e luoghi allo stesso tempo reali e simbolici, che la camera di ripresa di Hubel provvede a rendere elemento fondamentale di un interessante racconto su celluloide caratterizzato da un forte retrogusto socio-politico e da un look generale che, complice la fotografia "naturale" di Itay Marom, non fa distaccare troppo il tutto da quello realistico dei documentari.

La frase:
"Sono del servizio idrico, ho un avviso prima di tagliarvi l’acqua".

a cura di Francesco Lomuscio

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