The Dukes
Aveva un vecchio sogno Robert Davi, e alla fine è riuscito a viverlo.
La sua è una lunga carriera di attore di cinema (condannato a ruoli da cattivo per via della faccia da duro), teatro (membro dell’Actors Studio, interprete di oltre 700 rappresentazioni) e televisione.
Voleva però girare un film da regista mettendo insieme alcuni input, a partire da un avvenimento che lo colpì alla fine degli anni '70, quando negli USA migliaia di metalmeccanici - con esperienza di decenni - vennero licenziati e costretti a reinventarsi un’attività (lo stesso capitò anche al padre). In più è diplomato in musica lirica: la colonna sonora include Luciano Pavarotti, “Robert Davi and the Dukes” - gruppo “doo wop” (tecnica vocale a cappella, con sillabe e coretti come sottofondo, in auge nei '50) - cantano “so much in love” e ci sono pure brani di Louis Prima, Sergio Bruni e soprattutto Paolo Conte, con ben 6 pezzi. Infine, i genitori - d’origine italiana - gli avevano fatto conoscere le opere dei maestri del cinema nostrano, e lui ha voluto rendere un affettuoso omaggio a quelle pellicole (l’idea del furto con scasso viene da “i soliti ignoti”, uno dei temi melodici rimanda a Fellini); così come alla comunità italo-americana in cui è cresciuto (“the dukes” è co-prodotto da Frank A. Visco oltre che da Chazz Palminteri e Frank D’Amico, i quali recitano anche), e ciò ha portato un affiatamento da cosa fatta in famiglia.
Un film - da Davi scritto, prodotto, diretto e interpretato – che è quindi espressione molto personale: con spirito tipicamente statunitense, fatto di ottimismo e seconda opportunità, punta al divertimento e ad un messaggio di speranza attraverso un impianto teatrale, tutto dialoghi ed attori, dallo sviluppo semplice e lineare.
Ma la rappresentazione di una combriccola scalcinata un tempo abituata al successo lo rende spento dalla sua stessa malinconia, la densa presenza canora sembra un elemento pretestuoso ed esterno, l’atmosfera generale appare - in metafora musicale – sottotono.

La frase:
- "Per te dove si va quando si muore?"
- "Boh, per me rimandano tutti in California".

Federico Raponi

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